
LODI – Arte e informatica, due passioni coltivate da Andrea Boriani che hanno favorito la nascita di un suo stile artistico originalissimo: “opere d’arte realizzate con l’utilizzo di materiali di scarto”.
Infatti, è proprio con la costruzione della “tela” che ha inizio il suo processo creativo; e prende forma con l’assemblaggio di floppy disck riciclati montati su supporto di legno, e che colora, poi, con vernici coprenti, per ottenere uno sfondo a tinta unica.

Mentre per la scelta del soggetto, Boriani 2.0 (così firma le sue opere), attinge tra le immagini più note o simboliche proposte dai mass-media a cui dà un’impronta del tutto personale, rifancendosi alla maniera fredda, propria, della pop art.

Davanti a un’opera di Andrea Boriani, l’attenzione non si ferma al tratto artistico che delinea perfettamente il soggetto riprodotto, ma va oltre; ossia sulle parti dei floppy disk che l’artista volutamente lascia scoperte. Ed è a questo punto che entra in gioco l’elaborazione mentale dell’osservatore che, attraverso il ricorso al proprio sapere, come farebbe un lettore di dati contenuti nei floppy disk, ripercorre la storia del soggetto, riempendola di vari significati.

Che dire di più. Con l’attuale coefficiente artistico, ricompreso tra lo 0.40 e lo 0.50, arricchire le collezioni private con qualche opera di Boriani 2.0, è davvero un’opportunità da cogliere al volo.
Gianni de Lellis